Horiki Katsutomi

Un viaggiatore tra pittura e poesia

Nel gennaio 2011 avevo contattato Horiki per qualche consiglio su un viaggio in Giappone. Mi indicò un amico suo (credo a Osaka) da incontrare e qualche posto da visitare. Purtroppo la grande onda spazzò via la costa est giapponese, provocando la tragedia nucleare a Fukushima. Cancellai il viaggio e scelsi in extremis una nuova destinazione: le Galapagos. Lontane dall’Ecuador, queste isole vulcaniche, perse nell’oceano pacifico meridionale, scatenarono una rivoluzione nella mente di Charles Darwin. Le visitò quasi duecento anni fa e da lì elaborò la sua teoria sull’evoluzione.

Di fronte a questi eventi drammatici in Giappone sentii una profonda tristezza ed impotenza; e mi ricordai un antico scritto nipponico sulla transitorietà della vita. Questo racconto, intitolato Kojiki, narra che un giorno il nobile Ō-yama-tsumi, il signore della grande montagna, s’incontrò con Ninigi, nipote della divinità Amaterasu per proporgli di sposare entrambe le sue figlie. La minore, la principessa Kamu-ata-tsu-hime, era bella come un fiore appena sbocciato, ma la maggiore, Iwa-naga-hime, era brutta come una roccia spaccata. Così Ninigi sposò la prima e rimandò indietro la seconda.

Il nobile Ō-yama-tsumi, umiliato per il rifiuto di Ninigi, gli disse:

― La ragione per cui ti avevo offerto entrambe le mie figlie era chiara. La principessa Kamu-ata-tsu-hime ti avrebbe reso rigoglioso come un fiore, la principessa Iwa-naga-hime ti avrebbe reso immutabile come una roccia. Avendo scelto la minore e rimandato indietro la maggiore, la tua vita sarà splendida ma transitoria, così come sono instabili i fiori degli alberi.

Ti faccio una domanda Horiki:

Che cosa avresti dipinto se tu avessi lasciato i canti di Omero, Ulisse, Ogigia, Eolo, e illustrato il viaggio di Darwin alle Galapagos?

Sappi che nessuna cultura, nessun archetipo reggono su queste isole. Il pensiero occidentale con il suo “gnòthi seautòn” scolpito sul tempio di Apollo a Delfi e quello orientale nella difficile scelta tra l’immutabilità e la transitorietà, come raccontato nel Kojiki, scompaiono. Esiste solo il sottile impulso di vita perpetuamente sfidato da quello irrimediabile della morte. L’umanità, con i suoi miti, non ha il suo posto su queste rocce nere frastagliate abitate da iguane grigio giallastro.

Horiki, ti ricordi la tela “Verso Ade” del 1999?

Essa si avvicina a questo mondo animale e minerale. Hai dipinto questo lungo dittico nero con spruzzi di rosso e di viola. Da questo rettangolo magmatico, primordiale, sorge una sottile linea bianca orizzontale. La sua apparente fragilità spezza in gran parte questa piastra lavica nera.

Che potenza, Horiki, questa linea! L’esile vita, nel suo eterno bagliore, irrompe e scongiura il cupo Ade.

 

Vedi Horiki, in questo mare infinito, vagò Gauguin e si fermò fino alla morte sulle Isole Marchesi a Hiva Oa. Nel suo paradiso perduto dipinse l’inguardabile per la comunità artistica accademica del XIX secolo. L’artista applicava con i suoi pennelli la freschezza dei popoli indigeni e la potenza mistica dei suoi colori: il suo gesto creativo imitava quello dell’immanente. Il Pacifico scatena nella mente umana la percezione della creazione, dell’evoluzione e della distruzione forse per la sua immensità e la sua vertiginosa profondità.

Anche tu avresti potuto sorprenderci con dittici o trittici dove l’immensità del nero e la finitezza del bianco si sarebbero affrontati. In queste visioni apocalittiche avremmo visto dall’ombra scura della nostra interiorità sorgere l’abbagliante luce della nostra verità. Ci avresti offerto l’inguardabile, Horiki, e dal tuo Ade avrebbero risuonato le parole di Agostino D’Ippona: “la verità risiede nell’interiorità dell’uomo: in interiore homine habitat veritas”.

 

Valérie Humbert

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